San Gennaro e il prodigio della liquefazione del suo sangue
Napoli e la Campania festeggiano il patrono
San Gennaro: la vita e il martirio
Una delle fonti più attendibili, della “Passi Sancti Ianuarii”, è sicuramente quella dei cosiddetti “Atti Bolognesi” della fine del VI sec., che, del Santo, raccontano quanto segue:
Nato nel 272 d.C. da una nobile famiglia (la “Gens Ianuaria”), una antica tradizione gli attribuisce il nome di Procolo. Sappiamo con certezza che, durante la persecuzione di Diocleziano, Draconzio, Governatore della Campania, fece imprigionare molti cristiani, tra cui, i diaconi Sossio di Miseno e Procolo di Pozzuoli e i laici Eutichete ed Acunzio, persone conosciute per la loro fedeltà al Vangelo.
Si racconta che Ianuario, vescovo di Benevento, fosse, in realtà, un parente di Sossio e che, saputo dell’arresto, andò a trovare i suoi fratelli cristiani per sostenerli spiritualmente. Timoteo, successore di Draconzio, diede ordine di arrestarlo e, con lui, furono trattenuti anche il diacono Festo e il lettore Desiderio. Questi ultimi prigionieri furono rinchiusi nelle carceri di Nola e subirono atroci sofferenze. Il Governatore Timoteo vedendo che Gennaro superava indenne le diverse forme di martirio decise di portarlo, con i due diaconi e i due laici, all’anfiteatro di Pozzuoli affinché fossero preda delle fiere. Con stupore, dovette assistere ad un evento alquanto strano: le belve, benedette da Gennaro, preferivano prostrarsi ai suoi piedi. Timoteo, convinto di trovarsi dinanzi a magie, decise di condannarli alla pena capitale ma, appena pronunciò la sentenza, fu colpito da una improvvisa cecità. A quel punto il santo Vescovo ottenne dal Signore la guarigione del Governatore ma questi, invece che liberare i prigionieri, si decise a farli tutti decapitare. Il martirio avvenne il 19 settembre del 305 d.C. nei pressi del Forum Vulcani (l’attuale Solfatara) di Pozzuoli.
La traslazione delle reliquie
Nel 313, sotto l’imperatore Costantino, i resti del Santo furono esumati e portati nelle catacombe napoletane, dove vi restarono fino all’831. In quell’anno il duca longobardo Sicone, assediando la città di Napoli, si impossessò delle ossa di San Gennaro e le portò a Benevento, città nella quale il martire era stato Vescovo. In seguito i Normanni, nel 1154, le portarono a Montevergine. Nella città di Napoli, intanto, iniziarono ad essere venerate due reliquie particolari: il cranio e due ampolle con il sangue. Infine, il 13 gennaio del 1497, il cardinale Alessandro Carafa riportò a Napoli il resto delle reliquie che erano a Montevergine. Attualmente sono visibili in un’anfora custodita nella cripta della cattedrale, al di sotto dell’altare maggiore.
19 settembre: la festa liturgica del Santo
Il giorno del martirio è ricordato il 19 settembre. Ogni anno, alla vigilia della festività del Santo patrono della Campania, i riti iniziano con l’offerta dell’olio da parte di una diocesi della regione. Il Vescovo, con i sindaci e i fedeli della sua diocesi, raggiunge Napoli e, partendo dalla chiesa di San Giorgio maggiore, si reca processionalmente in cattedrale per offrire l’olio della lampada votiva. Il mattino seguente, solennità del martirio del vescovo beneventano Gennaro, un prelato della cappella del Tesoro, dalle ore 8.00, inizia la Lettura della Passione. Alle ore 9.45 l’Arcivescovo di Napoli, con l’Abate tesoriere, il Sindaco della città e il Vicepresidente della Deputazione aprono la cassaforte che contiene il reliquiario con le ampolle del Sangue. Successivamente le ampolle e il busto reliquiario (che contiene il cranio di San Gennaro) sono portati sull’altare maggiore dove il cardinale e il popolo presente attendono il ripetersi del prodigio.
Il prodigio della liquefazione del sangue
Le “Passiones” non parlano delle reliquie del sangue e non accennano al prodigio della liquefazione. Fu il canonico napoletano Paolo Regio a raccontare per la prima volta, nel suo libro “Le vite de’ sette Santi Protettori di Napoli” del 1579, di una donna di nome Eusebia. Questa devota raccolse il sangue del martire in due ampolle e con altri cristiani ne seppellì i resti in prossimità dell’Agro Marciano, per sottrarli agli oltraggi e all’odio dei pagani.
Secondo una pia tradizione il sangue del Santo si sarebbe sciolto per la prima volta sotto l’imperatore Costantino, quando il vescovo Severo traslò, per la prima volta, le reliquie. In quella circostanza, mentre le spoglie attraversavano la città, il Vescovo avrebbe incontrato Eusebia che custodiva le ampolle del sangue e, alla presenza della reliquia della testa, si sarebbe sciolto. Storicamente sappiamo che Carlo II d’Angiò fece eseguire, da maestri orafi francesi, il preziosissimo busto reliquiario in argento dorato per contenervi il cranio e lo espose alla venerazione dei fedeli già nel 1305, in quella occasione, probabilmente, furono esposte anche le ampolle con il sangue ma la prima notizia che racconta della liquefazione è del 1389, in quella circostanza il miracolo si compì durante una solenne processione intrapresa per una grave carestia. Nel corso dell’anno il sangue del Santo si scioglie tre volte:
– il sabato che precede la prima domenica di maggio (attenzione a dedurre il giorno, se la prima domenica capita il 1° maggio il miracolo deve compiersi sabato 30 aprile). In questa occasione il busto reliquiario e le ampolle del sangue escono dalla cattedrale, intorno alle 17.00, precedute da circa 20 busti d’argento di Santi compatroni e sono portate, processionalmente, presso la Basilica di Santa Chiara, attraversando i vicoli del centro storico;
– il 19 settembre in occasione della festività del santo patrono, ed è la ricorrenza più nota e con maggiore partecipazione di popolo;
– terzo ed ultimo prodigo avviene il 16 dicembre, ricordo del patrocinio di San Gennaro sulla città, si ricorda, infatti, il 16 dicembre del 1631, quando il Santo intervenne a proteggere Napoli da una terribile eruzione del Vesuvio.
Per le prime due liquefazioni si segue una liturgia solenne e il ripetersi del miracolo è annunciato con lo “sventolio” di un fazzoletto bianco da parte di un nobile della Deputazione del Tesoro di San Gennaro. Per queste liquefazioni, di maggio e settembre, è previsto anche l’”ottavario”: cioè per un periodo di otto giorno il sangue resta liquido ed è esposto alla pubblica venerazione dei fedeli che possono avvicinarsi per ammirare il prodigo e baciare le sacre ampolle.
Le parenti di San Gennaro
Secondo alcuni il miracolo della liquefazione del sangue può avvenire solo in presenza delle “parenti” di San Gennaro. Sono donne che si tramandano, da madre in figlia, il compito di invocare la protezione del Santo e che si riconoscono lontane discendenti di Eusebia, la pia donna che raccolse l’importante reliquia. Queste donne, presenti dalle prime ore del mattino, siedono in prima fila nella cappella del Tesoro e, parlando al busto del Santo, gli rivolgono diverse esortazioni. Come in una melodiosa cantilena è possibile ascoltarle mentre gli dicono: “Pe’ lu sanghe e pe’ la testa liberace d’e tempeste! Pe’ la testa e pe’ lu sanghe liberace a tutte quante” o ancora “San Gennaro mio putente prega a Dio pe’ tanta gente, San Gennaro mio protettore prega a Dio nostro Signore”. Inutile negarlo: le parenti di San Gennaro sono la dimostrazione più popolare della devozione dei napoletani per il loro patrono.
La Deputazione e la cappella del Tesoro
Nel 1601 venne istituita la Deputazione con il compito di avviare la costruzione di una Cappella nella quale custodire le reliquie e i doni che provenivano da gente comune e case reali di tutta Europa. In realtà, la realizzazione del luogo, adempiva un solenne voto, fatto dagli eletti della città il 13 gennaio del 1527, con il quale si era invocata la protezione del Santo per la liberazione da peste, carestia e guerra. La costruzione della cappella del Tesoro, iniziata nel 1608, fu completata nel 1646. La Deputazione continua a custodire le reliquie del Santo (che sono il primo e più importante Tesoro) e ad occuparsi delle migliaia di oggetti d’arte, in oro e argento, impegnandosi a mantenere vivo il culto per il Santo martire Gennaro.
Due ulteriori curiosità:
Le ampolle conservate in cattedrale a Napoli sono due, una è riempita per ¾, mentre l’altra, la più alta, è ormai semivuota. Il contenuto di questa seconda ampolla fu sottratto dal re Carlo di Borbone (1716-1788) che, divenuto re di Spagna, portò con se la preziosa reliquia. Una terza ampolla, contenente il sangue del Santo sarebbe conservata nella cappella delle reliquie del complesso monumentale Vincenziano.
Secondo il racconto popolare presso il Santuario di San Gennaro alla solfatara è conservata la lastra marmorea sulla quale fu decapitato il Santo. Si sostiene che, in concomitanza con la liquefazione del 19 settembre, delle tracce rosse presenti sulla pietra diventino di colore più intenso e trasudino.
Giovanni Russo
Il reportage, pubblicato di seguito, è stato realizzato dal maestro fotografo Francesco Vallarella di Bari, l’uso delle foto è consentito esclusivamente per motivi personali.