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Professionisti e obbligo assicurativo: quasi tutti devono avere una polizza, ma “manca ancora la cultura del rischio”

Professionisti e obbligo assicurativo: quasi tutti devono avere una polizza, ma “manca ancora la cultura del rischio”
Gerardo Coviello, ideatore della piattaforma Mirassicura.it: “La realtà quotidiana ci dice che non basta inserire l’obbligo in una legge per garantire una cultura del rischio diffusa”

Dal 19 settembre 2011, con l’entrata in vigore della Legge 148/2011 che ha convertito il Decreto-Legge 138/2011, è diventata obbligatoria per i professionisti iscritti agli Albi la stipula di un’assicurazione per la responsabilità civile legata all’attività svolta. L’obiettivo dichiarato è quello di tutelare il cliente da eventuali danni derivanti dall’esercizio della professione. La norma prevede inoltre che il professionista debba comunicare in modo trasparente gli estremi della polizza e il relativo massimale. Eppure, a oltre dieci anni dall’introduzione della misura, il  «panorama resta frammentato, con numerose criticità interpretative e operative». Lo osserva Gerardo Coviello, ideatore della piattaforma di prodotti assicurativi Mirassicura.it.

«Nel nostro ordinamento l’obbligo assicurativo è nato con un intento condivisibile: tutelare il cittadino e responsabilizzare il professionista», osserva Coviello. «Tuttavia, la realtà quotidiana ci dice che non basta inserire l’obbligo in una legge per garantire una cultura del rischio diffusa. In molti casi, si tratta ancora di un adempimento formale, di una ‘voce di spesa’ gestita senza consapevolezza. Il risultato? Polizze sottoscritte senza comprenderne davvero le garanzie, oppure scoperture che emergono solo quando il problema è già nato».
Secondo la normativa vigente, l’obbligo riguarda quasi tutte le professioni organizzate in ordini o collegi: avvocati, commercialisti, medici, architetti, ingegneri, consulenti del lavoro, farmacisti, psicologi e molti altri sono tenuti per legge a dotarsi di una copertura assicurativa per eventuali danni derivanti da errori, omissioni o negligenze nello svolgimento della propria attività. Fa eccezione, ad esempio, la categoria dei giornalisti, che pur essendo iscritti a un ordine professionale, non è soggetta all’obbligo di RC professionale. In questi casi, l’adesione a una polizza resta facoltativa.
Tra le questioni ancora aperte, inoltre, spicca il tema delle società tra professionisti (STP), per cui l’obbligo assicurativo è previsto, ma non sempre è chiaro se debba essere esteso anche ai singoli soci, soprattutto nei casi di responsabilità solidale o compresenza di più figure professionali. A ciò si aggiunge l’assenza di obbligo per molte professioni non regolamentate, che operano con partita IVA e svolgono mansioni ad alto rischio espositivo – basti pensare ai consulenti informatici, formatori aziendali o coach, solo per citarne alcuni.
Gerardo Coviello sottolinea che il tema meriterebbe un confronto più ampio, anche da parte delle istituzioni: «In questo contesto professionale in rapida trasformazione, sarebbe auspicabile un aggiornamento del quadro normativo che tenga conto dell’evoluzione delle professioni, dei rischi emergenti e dell’importanza crescente della trasparenza nei contratti assicurativi. Si tratta di formare, accompagnare, rendere il professionista più consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilità. Solo così possiamo aiutare a diffondere la cultura del rischio come opportunità e non solo come obbligo da rispettare. Non è un caso che i professionisti che arrivano ai nostri sportelli finiscano per interessarsi anche ad altri prodotti che trattiamo come polizze Pet, polizze viaggi o assicurazioni famigliari. In pratica, cambia completamente la prospettiva».
Redazione