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Intervista – ‘L’amore cos’è’, nel disco di Michele Selillo l’omaggio a Napoli e al sentimento

Intervista – ‘L’amore cos’è’, nel disco di Michele Selillo l’omaggio a Napoli e al sentimento

Di Pina Stendardo

Napoli, 6 mag. – Esiste un legame inscindibile tra Napoli e la musica; questo connubio si palesa in Michele Selillo, artista in uscita con il suo primo lavoro discografico intitolato ‘L’amore cos’ è’, etichetta Zeus Record.

Concepito in pieno lockdown, il lavoro discografico è omaggio alla canzone napoletana, dolce, melodica e leggera, elaborata come ballata dedicata a Napoli e all’amore. La voce carezzevole e delicata del giovane 32enne si nutre del melisma partenopeo intriso di riflessioni e poesia.

Il video del brano ‘Pe’ ce fà ‘nnammurà’ interamente girato nei quartieri spagnoli, luogo natio dell’artista, intende far conoscere il lato più romantico della città di Partenope, tripudio di bellezza in ogni suo vicolo.

L’album è contemporaneamente una celebrazione della lingua napoletana, di cui Selillo ribadisce fieramente l’uso in musica. Nel disco unica traccia in italiano è la canzone ‘Senza fiato’.

I titoli ‘L’amore cos’è’, ‘Pe’ ce fà ‘nnammurà’ (primi due singoli in uscita), ‘Balla nennè’, ‘Luntano’, ‘Si dice mamma’, ‘Comme faccio’, ‘Senza fiato’, ‘Nuje’, insieme alla riproposizione di ‘Vaseme’ di Enzo Gragnaniello, rappresentano un viaggio nell’espressione del cuore, su cui Michele ha inteso porre l’accento in periodo pandemico, quando la solitudine e l’isolamento hanno presso il sopravvento sulla nostra quotidianità.

Innamorato dell’arte e della musica dall’età di 6 anni, quando ha iniziato a calcare i primi palcoscenici teatrali, formandosi artisticamente nel tempo accanto a Lucia Cassini, Caterina De Santis, Beppe Vessicchio, Gianfranco Gallo, Michele Selillo è giunto alla pubblicazione del primo album guardando ai valenti artisti partenopei che ne hanno segnato l’educazione musicale ed espressiva, oltre che l’ispirazione, tanto da vantare per questo lavoro la collaborazione di parolieri quali Luigi Serretta, Sergio Iodice (autori di brani famosissimi tra cui ‘Vola’ di Eduardo De Crescenzo), Ludo Brusco, Gianpaolo Ferrigno e Rudy Brasiello.

Con Michele, che ha collaborato alla stesura dei testi per la realizzazione di questo album, hanno lavorato i musicisti Maurizio Fiordiliso (chitarra), Alfredo Golino (batteria), Gaetano Diodato (basso), Maurizio Bosnia (tastiere ed arrangiamenti).

Alla musica e ai tanti supporter cui Selillo ha dedicato questo album, va il ‘grazie’ dell’artista che si racconta in questa intervista.

MICHELE SELILLO, L’INTERVISTA 

 Michele, traendo spunto dal titolo del tuo album, ‘L’amore cos’è’ per te?

L’amore è qualcosa o qualcuno senza cui non vivi; è dare senza pretendere nulla in cambio, nasce da dentro ed è il vedere la vita con tutti i suoi colori…per questo ho voluto parlare d’amore in musica, che un dono per chi la fa e la ascolta, in grado di celebrare tutto ciò che tocca e tratta con poesia.

– Nel disco hai inteso omaggiare Napoli e la sua lingua. Come credi che canzone e musica  possano oggi creare il perfetto ensemble per far circolare il giusto messaggio culturale che gravita intorno alla città? 

Nel disco c’è proprio un brano intitolato ‘Balla nennè’ che ho dedicato alla città di Napoli, per storia dominata e offesa, ma  che non si è mai arresa. Credo proprio che con la musica e la dolcezza della parole questo messaggio culturale possa venire fuori, anche perchè Napoli è bella di per sè. Io guardo e cerco di raccontare la città con gli occhi di un turista perchè me ne innamoro ogni giorno ed è quello che intendo far venire fuori con le mie canzoni.

– Compiendo un excursus tra le canzoni del tuo lavoro discografico, che tipo di melodie accarezzi e soprattutto quali sono i nuclei tematici portanti? 

Il filo conduttore è l’amore analizzato trasversalmente. Si parte dall’amore per la città presente in ‘Balla nennè’, per arrivare all’amore travolgente e passionale di ‘Luntano’ e all’amore finito, deluso e in bilico, del brano ‘Nuje’ cantato con i Mr Hyde.

C’è ‘Si dice mamma’ dedicato al primo amore di ognuno di noi, la mamma. Io devo tanto a mia madre perchè mi è sempre stata vicino e ha fatto si che possa continuare a sognare e portare avanti i miei progetti. Sono stato fortunato ad avere una madre come la mia ed era doveroso nel mio primo album in cui menziono l’amore, parlare di una persona che mi ha dato tanto senza chiedere nulla in cambio.

‘Comme faccio’ scritta insieme a Sergio Iodice (paroliere storico della musica italiana che ha firmato canzoni come ‘Champagne’, ‘Vola’ e con cui ho iniziato a lavorare dopo l’uscita del pezzo ‘Pe’ ce fà ‘nnammurà’), è nata durante una cena e tratta dell’amore inseguito che non si fa capace di una rottura. ‘Senza fiato’ è l’unico brano che ho scritto in italiano ed è  melodicamente dedicato alla stanchezza della monotonia del rapporto amoroso. Nel disco ripropongo poi ‘Vaseme’ di Enzo Gragnaniello, scelto perchè abito ai quartieri spagnoli da cui proviene lo stesso Gragnaniello. Io mi batto tanto per far sì che dei quartieri spagnoli si parli per come meritano, con rispetto; ecco perchè il video di punta del disco è stato girato proprio sulle scale dei miei quartieri.  Enzo ha reso orgoglioso il mio quartiere ed io mi auguro un domani di fare la metà di ciò che ha realizzato lui, portandolo in ambito nazionale, facendolo conoscere per quanto è bello e non per quello che di negativo si dice.

– Durante il lockdown hai partorito l’idea di dare il via a questo progetto musicale. Quali sensazioni contrastanti ti hanno abitato in quel frangente e in che modo hanno condizionato la tua produzione artistica?

Sono stato fortunato perchè in pandemia ho iniziato a fare delle dirette ed ho conosciuto tantissime persone. Sono poco social ma in quel frangente quello era l’unico modo per parlare alla gente. C’ è stato un momento in cui avevamo proprio bisogno di raccontarci e di parlare d’amore, di comunicare con qualcuno anche di qualsiasi argomento. So di essermi trovato in un periodo in cui non si potevano realizzare live a causa della situazione sanitaria, ma mi sembrava doveroso con i miei collaboratori, far uscire fuori un album per stare vicino alle persone che ascoltano la mia musica. Non volevo che aspettassero solo le 22.00 di sera per incontrarmi in una diretta, ma avrebbero potuto ascoltare la mia voce direttamente da casa loro, in ogni momento in cui lo avessero desiderato. Quando ci era vietato il contatto fisico, la musica è stato l’unico modo per darci calore e far sentire la nostra vicinanza alle persone ed ho cercato un modo per uscire fuori dal momento buio che stavamo attraversando raccontandomi alla gente in musica. Il mio disco è stato dunque un ringraziamento per tutti coloro che mi hanno seguito; mi interessava regalare emozioni alle persone che mi hanno aiutato a superare un momento difficile come la pandemia.

– La tua musica leggera grazie alla canzone napoletana conserva un legame autentico con il passato. Quali sono gli artisti di riferimento nella tua formazione e con chi ti piacerebbe duettare?

Sicuramente vengo dalla scuola di Eduardo De Crescenzo di cui amo le fioriture musicali; mi piace la grinta di Pino Daniele e la forza e la teatralità di Massimo Ranieri. Sono molto partenopeo nei gusti musicali. La prima canzone che ricordo della mia infanzia e che porto nel cuore è ‘Perdere l’amore’ di Ranieri, è il brano che più mi ha accompagnato nella vita; con esso ho vinto dei concorsi canori, sono arrivato alla prima puntata di Amici di Maria de Filippi passando tutti i provini. E’ una canzone che mi ha sempre portato fortuna, per cui mi piacerebbe duettare con Massimo Ranieri o con Lina Sastri ed ancora Francesco Renga e Giorgia. Nel mio percorso c’è tanto teatro, perchè ho preso le mie prime lezioni di recitazione a 6 anni, anzi la mia prima formazione è avvenuta a teatro, per questo sarebbe un onore poter cantare in futuro con artisti che recano nella voce  e nell’espressività la grande teatralità partenopea. Devo tanto agli artisti incontrati nel mondo teatrale, come Lucia Cassini, Caterina De Santis, Gianfranco Gallo con cui ho lavorato in Quartieri spagnoli, Rino Giglio. Con loro ho fatto la mia gavetta, ho cantato sul palcoscenico in molti spettacoli musicali. Mi sono esibito  in quasi tutte le piazze della Campania, in  tutti i festival della canzone, possibili ed immaginabili che potessero mettere in risalto le mie capacità. Ecco perchè a 32 anni esce il primo album, per far sì che possa realizzare questo sogno con consapevolezza e maturità.

– Hai parlato del teatro che ti ha accompagnato nei primi anni della tua carriera. Pensi di portare la tua musica a teatro per divulgarla?

Assolutamente si. Credo che ogni artista debba essere anche un interprete. Ho fatto tanti spettacoli a teatro; spesso scelgo questo luogo per divulgare la mia musica perchè è un posto magico, intimo ed emoziona in modo diverso. Proprio in questo momento di pandemia confesso che mi manca uno spettacolo ben allestito, da portare in teatro con ballerine, i cambi di scena e giacca. Spero che al più presto tutto riapra per ricominciare.

 Se fossi uno strumento musicale, quale saresti e perchè? 

Mi piacerebbe essere un pianoforte perchè quando lo suoni senti i tasti sotto le dita. Appena tocchi lo strumento e spingi giù un tasto, devi metterci la giusta forza. Nel piano c’è il contatto diretto con la musica che ti arriva subito appena lo sfiori  e poi mi piace la melodia che emette, dolce ed emozionale.

– La musica non si ferma mai, dunque cosa hai in programma per il futuro?

Attendo l’ok per la divulgazione del disco in live, in base alle tempistiche pandemiche. In questo momento stiamo progettando per promuovere i brani con i live. Subito dopo la pandemia dovrei cominciare uno spettacolo al Teatro Bolivar che è in stand-by a causa di quello che sta accadendo, ma che è già pronto, inoltre sto scrivendo e lavorando già per il prossimo disco con una nuova tipologia di sonorità, proprio perchè la musica non si ferma mai.

– Un sogno nel cassetto che intendi realizzare ed un augurio che rivolgi a te stesso e alla musica? 

Sicuramente il sogno è quello di partire da Napoli portando la mia musica sul palcoscenico nazionale di Sanremo. Quanto all’augurio, auspico che la musica italiana possa prestare ascolto a quella napoletana, a cui ha dato merito tutto il mondo e che possa essere concepita, siccome il napoletano è una lingua riconosciuta, come espressione non dialettale, ma pura poesia tanto da meritare i più grandi palcoscenici italiani. A me auguro un domani di vivere di musica e di poter avere sempre questo rapporto bello con tutte le persone che mi seguono. Mi piacerebbe non alzare mai un muro tra me e il pubblico, perchè credo che gli artisti debbano solo ringraziare le persone che li aiutano a crescere. Ecco, io conosco tutti i loro nomi a memoria, anche se sono diventati tanti in pandemia, ma davvero li conservo nel cuore. Un artista deve mettersi sempre al servizio degli altri.