Favorirono la latitanza del boss Orlando: operazione dei carabinieri, sei misure cautelari
Favorirono la latitanza del boss Orlando
Operazione dei carabinieri, sei misure cautelari
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, a Marano di Napoli, Voghera, Tolmezzo e L’Aquila, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura partenopea, nei confronti di 6 indagati.
I soggetti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso e favoreggiamento personale, aggravati dalle finalità mafiose, oltre che, per uno di loro, inosservanza delle prescrizione imposte dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Tra i destinatari della misura detentiva figura Antonio Orlando, detto “Mazzolino” il capo dell’omonimo clan operante su Marano di Napoli (NA) e comuni limitrofi, attualmente detenuto e ritenuto responsabile dei reati di falsa attestazione o dichiarazione a un P.U. sulla identità o su qualità personali proprie o di altri e possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, aggravati dalle finalità mafiose, arrestato dallo stesso Nucleo in data 27.11.2018, dopo 15 anni di latitanza.
L’indagine condotta dai carabinieri di Castello di Cisterna
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e coordinata dal P.M. della D.D.A. di Napoli, dr.ssa Maria Di Mauro, e dal Procuratore Aggiunto della D.D.A. partenopea, dr. Giuseppe Borrelli, ha consentito di individuare la rete dei soggetti che hanno favorito la latitanza del predetto Antonio Orlando e disvelare, al contempo, l’assetto organizzativo del clan “Orlando”.
Gli investigatori hanno accertato come gli indagati avessero fornito assistenza all’allora latitante, locando un immobile a Mugnano di Napoli, occupandosi di tutte le relative incombenze, evitando così di far esporre direttamente l’Orlando, mettendogli a disposizione, inoltre, veicoli a lui non riconducibili per favorirne gli spostamenti.
Si è documentato inoltre come uno degli indagati avesse consegnato ad Antonio Orlando i propri documenti (tra i quali carta di identità e patente di guida) sui quali era stata apposta la fotografia del latitante affinché questi potesse girare liberamente e condurre veicoli.
Inoltre, altri indagati hanno stipulato per conto di Orlando contratti per la fornitura del gas, dell’energia elettrica e addirittura per la sottoscrizione di un contratto Sky.