Sulla scia della santità: Antonio abate esempio per Antonio di Padova
Sant’Antonio di Padova e Sant’Antonio abate, vi raccontiamo perché sono legati:
La storia di Sant’Antonio di Padova è legata alle due memorie liturgiche del 16 e del 17 gennaio. In questi giorni, ogni anno, la Chiesa Cattolica commemora prima i Santi protomartiri francescani e poi Sant’Antonio abate (o eremita) fondatore del monachesimo cristiano. Ma in che modo queste ricorrenze sono legate al Taumaturgo di Padova? Fernando di Buglione (vero nome di Sant’Antonio di Padova) per intraprendere gli studi, che lo avrebbero portato all’ordinazione sacerdotale, fu inviato a Coimbra presso il monastero di Santa Croce. In quella città, dove c’era il maggior centro culturale del Portogallo, qualcosa, inconsapevolmente, avrebbe cambiato la sua esistenza. Nel 1220 arrivarono a Coimbra i corpi dei 5 protomartiri francescani e, guardando la loro testimonianza di Fede, decise di lasciare i Canonici Regolari di Sant’Agostino e avvicinarsi ai frati minori. Questi poveri uomini, ispirati dall’esempio e dalla parola di Francesco d’Assisi, vivevano nella più grande povertà ed alloggiavano in un luogo intitolato a Sant’Antonio abate. Si trattava, probabilmente, di una piccola chiesetta con qualche stanza. Il conventino si trovava in una zona conosciuta come Olivares (piccolo monte ricoperto da alberi di ulivo). Fu proprio per tale ragione che Fernando, entrando nei frati minori, cambiò il proprio nome in Antonio, in quel modo rese palese il suo atto di affidamento al santo eremita.
Chi era Sant’Antonio abate? In breve vi sintetizziamo la vita:
La vita di Antonio abate è nota attraverso la Vita Antonii, pubblicata nel 357 circa, opera scritta dal vescovo Atanasio. Altro riferimento lo si ritrova nella Vita Sancti Pauli primi eremitae, scritta da San Girolamo negli anni 375-377, nella quale si racconta l’incontro, nel deserto della Tebaide, di Antonio con il più anziano Paolo di Tebe. Secondo queste informazioni antichissime Antonio nacque a Coma in Egitto intorno al 251 ed era il figlio di agiati agricoltori. Rimasto orfano prima dei vent’anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore di cui occuparsi, sentì di dover seguire l’esortazione evangelica “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” (Mt 19,21). Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. Vestitosi di un rude panno si chiuse in una tomba scavata nella roccia e in quel luogo, secondo la tradizione, sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio. Si spostò, in seguito, sulle montagne del mar Rosso stabilendosi in una fortezza romana abbandonata. In quel luogo sopravvisse, per circa 20 anni, bevendo acqua e nutrendosi di pane due volte l’anno. Tornato ad Alessandria, per sostenere i cristiani durante le persecuzioni dell’imperatore Massimino Daia, strinse rapporti con Atanasio, col quale lottò contro l’arianesimo. Si trasferì, poi, nel deserto di Tebaide dove morì alla veneranda età di 105 anni.
Storia delle reliquie di Sant’Antonio abate
Numerose sono le chiese e i Santuari che si onorano di avere delle reliquie del Santo, quali sono quelle autentiche? C’è da dire che, morto l’eremita Antonio, i suoi discepoli lo seppellirono in un luogo segreto. Nel 561 i resti furono traslati nella chiesa di San Giovanni ad Alessandria d’Egitto e spostati nel 635 a Costantinopoli. Nell’XI secolo, infine, l’imperatore di Costantinopoli le donò al nobile Jocelin de Chateau Neuf che le portò in Francia. Diffusosi il culto popolare, nel periodo della vendita delle reliquie, ci si trovò dinanzi a due corpi del Santo. La Chiesa Cattolica non è riuscita a stabilire quale di essi è il vero corpo. Ancora oggi una tomba è a Saint Antoine, vicino a Lione, e l’ altra ad Arles.
Sant’Antonio nemico del demonio e amante degli animali
Sant’Antonio abate è il protettore del fuoco in ricordo del racconto che lo vedeva recarsi all’inferno per contendere le anime dei peccatori al demonio. Per tale ragione è ricordato anche come il protettore delle malattie “ardenti” che in suo onore sono conosciute come “fuoco di Sant’Antonio”. Il santo è anche patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori ed è protettore di tutti gli animali domestici, non a caso è sempre raffigurato con accanto un maiale con al collo una campanella (in altre raffigurazioni la campanella è appesa al bastone). Un’altra caratteristica del culto è testimoniata dalla pratica e dalla diffusione di una gran quantità di falò, questi sono organizzati nelle diverse città d’Europa. Antichi usi e tradizioni si rinvengono a Napoli dove un proverbio afferma Chi festeggia Sant’Antuono, tutto l’anno ‘o pass’ bbuon. Di tutt’altro avviso è la tradizione popolare in Veneto, si ritiene infatti che il 17 gennaio gli animali possano parlare e i contadini, quindi, devono tenersi lontani dalle stalle perchè ascoltare i loro discorsi sarebbe cattivo presagio.
Giovanni Russo