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Ludovico da Casoria: il santo della carità

Ludovico da Casoria: il santo della carità
Nascita e adolescenza di Arcangelo

Arcangelo Palmentieri nacque l’undici marzo del 1814 a Casoria, era il terzo dei cinque figli nati da Vincenzo e Candida Zenga. Iniziò la scuola e fu costretto a lasciarla quando fu messo a bottega presso un falegname di Napoli. All’età di quindici anni, nel 1829, perse la madre, il padre dopo alcuni mesi di vedovanza si risposò con Angela Abate e mutò i progetti che aveva sul ragazzo. Ad Arcangelo fu permesso di continuare gli studi presso la scuola pubblica del convento francescano di Sant’Antonio ad Afragola. A contatto con i frati minori della provincia riformata di Napoli, dopo un breve periodo di tirocinio da novizio, vide sbocciare la vocazione allo stato religioso. 

La vestizione di fra Ludovico: una data da ricordare

Il 17 giugno del 1832 vestì l’abito di San Francesco e mutò il nome in Ludovico. Il frate visse il noviziato presso il convento di San Giovanni del Palco nel Vallo di Lauro e compì gli studi nel convento di Sant’Antonio ad Afragola, Sant’Angelo a Nola e San Pietro ad Aram a Napoli. Venne ordinato sacerdote il 4 giugno del 1837 (per alcuni nel 1838). Nei primi anni di sacerdozio la vita del Santo non si espresse in particolari carismi. Fra Ludovico dimostrò una certa propensione per la fisica, la chimica e la matematica, materie che, dopo aver fatto il concorso e frequentato i corsi universitari di Calmieri e Guarino, insegnò negli studentati della provincia monastica e a privati già dal 1841. 

La conversione con il “lavacro

Nel 1847, quando aveva trentatré anni, mentre pregava nella chiesa delle Sacramentine di Napoli, ebbe uno svenimento, che lui definì “lavacro”. Da allora abbandonò l’insegnamento per dedicarsi, con maggior fervore, alla preghiera, alla lettura rigorosa del Vangelo e alla povertà francescana. Fra Ludovico iniziò a confrontarsi con la miseria delle classi popolari. Con l’aiuto di persone iscritte al Terz’Ordine Francescano diede nuovo slancio all’infermeria di San Pietro ad Aram.  Il 14 marzo del 1852 acquistò, grazie alla famiglia Pellegrini, la proprietà delle sorelle Andrè allo Scudillo di Napoli. La famiglia Pellegrini gli fece credito e si assunse l’onere di pagare le mensilità nelle quali fu diviso l’acquisto della “Palma”. Alla “Palma” alloggiò i Frati infermi, i sacerdoti ammalati affiliati al Terz’Ordine Francescano e vi istituì una farmacia per soccorso alla gente povera.

Una nuova missione per padre Ludovico: salvare i “moretti”

Il 9 novembre del 1854, mentre passava per Via Toledo, incontrò due ragazzi negri (Giuseppe Rab e Giuseppe Morgian) accompagnati da Don Olivieri (Fondatore dell’Opera della Redenzione degli Schiavi) che li aveva riscattati e battezzati. Il padre Ludovico li portò con se alla Palma, e fu lì che venne ispirato da Dio nella creazione di un collegio per Moretti. Ottenute le necessarie approvazioni dai suoi superiori e sotto il beneplacito reale, nel 1856, riunì nel convento La Palma nove bimbi negri, indirizzandoli agli studi. Alcuni di essi furono, poi, battezzati solennemente dal cardinale arcivescovo di Napoli. Istituì, in collaborazione con suor Anna Lapini, fondatrice delle Suore Stimatine, il collegio delle “ Morette” che sorse a Capodimonte e fu inaugurato il 10 maggio 1859 con 12 bimbe di colore. Contemporaneamente, nello stesso collegio, furono educate le fanciulle povere della città. Il pensiero del buon Frate si spostò, da allora, verso le nuove generazioni, e soprattutto per la tanto sofferente terra d’Africa. Iniziò a pensare di poter convertire quel continente usando i suoi stessi figli.

“l’Africa convertirà l’Africa

Padre Ludovico visita l’Africa

Il 10 Ottobre del 1865 il Santo, insieme a tre mori, di cui uno sacerdote, lasciò Napoli per fondare la Missione Francescana dell’Africa. Il 18 novembre 1865 raggiunsero Alessandria d’Egitto, dopo un pericoloso viaggio marittimo. Partirono, poi, per il Cairo. Si associarono ad altri missionari e, dopo aver percorso il tratto fluviale Cairo – Assuan, finalmente raggiunsero il villaggio di Scellal, loro base missionaria, il 6 gennaio 1866. Il Santo vi rimase solo alcuni giorni, infatti, alla fine del mese di gennaio, preoccupato per il colera che si era diffuso a Napoli, per i suoi bambini e le sue opere, approfittando di un principe prussiano che viaggiava in gita turistica per l’Egitto, si recò al Cairo e di lì torno in patria. Le sue opere non erano state danneggiate dal colera, che ormai era cessato, ma il suo ritorno in Italia fece precipitare nel caos la neonata missione di Scellal. Nell’ottobre 1866, con la chiusura dell’Ospizio, terminava il “sogno” africano. 

Due Congregazioni a sostegno delle sue opere

Per gestire e sostenere i vari istituti fondò due Congregazioni: i Terziari Francescani Regolari detti frati della Carità e la Congregazione delle suore Elisabettine Bigie. I Frati, detti Bigi (dal colore del saio), svolsero il tirocinio servendo gli infermi nell’ospedale napoletano degli Incurabili e in quello militare di Caserta. Nel 1862 nacque, da una delusione del padre Ludovico, l’Opera degli Accattoncelli e delle Accattoncelle. L’istituzione prevedeva, insieme , l’educazione scolastica e il lavoro. Il Santo, che era solito alimentare di domenica, alla Palma, numerosi di quei 50 mila scugnizzi che giravano per Napoli e che campavano di accattonaggio e di razzie, si trovò dinanzi dei ragazzi che, in nome di Garibaldi e dei nuovi tempi, pretendevano un trattamento migliore. Capì che Dio gli chiedeva un’altra opera. In breve tempo raccolse dalla strada qualche migliaio di ragazzi che collocò alla Palma, a San Nicola da Tolentino, a Villa Pisani, ai Pirazzoli, a Santa Maria degli Angeli, a San Giovanni Maggiore, al Vico Nilo, al Cavone a Piazza Dante, a San Pasquale a Chiaia, a San Pietro a Paterno e a Piscinola. L’Opera, benedetta da Dio, estese le sue propaggini a Casoria in una casa della sua famiglia, ad Afragola nel convento francescano di Sant’Antonio, a Nola nel convento di Sant’Angelo, a Piano di Sorrento, a Eboli, a Montecorvino, a Santa Maria Capua Vetere, a Priverno e anche nella lontana Firenze. San Ludovico incominciò insegnando loro l’utilità di lavarsi, li vestì, li nutrì, li mando a scuola e, da grandi, li mise a bottega. Alle Suore Elisabettiane Bigie, fondate nell’aprile del 1864, affidò le opere delle Morette e delle Accattoncelle. 

“La Carità”: il collegio per l’aristocrazia

Nel maggio 1866 diede inizio a un collegio per l’aristocrazia e l’alta borghesia che denominò “La Carità”. Riteneva, infatti, che i giovani della buona società avessero bisogno di una formazione cristiana. L’istituto spostato a largo San Marcellino, nell’ampio e signorile palazzo dei duchi d’Andria, ebbe per studenti anche Salvatore Di Giacomo e Benedetto Croce.

Padre Ludovico arrestato con l’accusa di aver diffuso il colera

Dopo appena tre mesi, il 30 agosto 1866, Padre Ludovico fu arrestato insieme a un frate bigio e furono accusati di aver espanso il colera per aver sepolto, nell’orto della casa delle suore Stimatine, al Tondo di Capodimonte, alcune morette contagiate. Intervennero subito il duca di San Donato, Matteo Renato Imbriani, Luigi Settembrini e Gino Capponi. Padre Ludovico fu prosciolto in sede istruttoria e liberato dal carcere, con il suo compagno, l’undici settembre seguente. Presero la sua difesa Luigi Settembrini: “Signori, vi parlo franco. Io non credo ai miracoli. Però oggi sento in me un miracolo, ed è che mi sento mosso a difendere qui un monaco, riconosco ed ammiro la carità di P. Ludovico” e Matteo Renato Imbriani: “Io sono cattolico, ma del cattolicesimo di P. Ludovico”. 

Nuovi conventi per altre opere di carità

Sul finire del 1866 assunse, insieme ai suoi frati bigi, la gestione del convento di Afragola, fondandovi una scuola di Arti e Mestieri per gli Accattoncelli, una scuola esterna, un piccolo ospedale e una casa per anziani. Nel 1867, nel giorno di Pentecoste, padre Ludovico ottenne ufficialmente dal parroco di Sant’Agata, un vecchio monastero a ridosso di Sorrento. L’edificio, che era stato sede delle Carmelitane Scalze e che i nativi chiamavano “Deserto”, fu usato quale orfanotrofio, accanto vi sorsero un istituto per vecchi, una foresteria, un’azienda agricola, con scuole elementari e di agraria e, il 30 settembre 1883, l’osservatorio meteorologico. Nel 1869 l’avvocato Grassi inviò una lettera al Santo chiedendogli di creare in Firenze, allora capitale di Italia, qualche opera di beneficenza. Padre Ludovico vi andò e prese a pigione uno stabile fuori porta San Nicolò, ove raccolse gli orfanelli. L’istituto era piccolo, due frati Bigi e tre orfanelli, ma la provvidenza benedisse anche quest’opera, dopo poco, infatti, l’orfanotrofio traslocò in via Capo di Mondo, dove il Santo radunò orfanelli e sordomuti, aprendovi una scuola elementare, una tipografia, officine di arti e mestieri e una scuola di musica per fanfare. Nel 1877 il Santo fece sorgere a Firenze accanto all’istituto per orfanelli, la chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù, tra le prime in Italia.

Una delle opere maggiori: l’Istituto di Assisi

Il 17 settembre 1871, dopo aver preso contatto con le autorità locali, padre Ludovico fondò, ad Assisi, un ospizio per fanciulli ciechi e sordomuti, in una casa attigua alla Basilica del santo fondatore dell’Ordine. Da subito l’ospizio riuscì ad ottenere ottimi risultati tanto che nel 1874, in un saggio pubblico, per la prima volta, si poté mettere in comunicazione tra di loro un cieco e un sordomuto. Accanto all’ospizio per sordi e ciechi sorse un ospizio per anziani. 

Le ultime opere fondate a Napoli

Nel 1872 padre Ludovico dispose della casa di San Raffaele a Materdei in Napoli. Si trattava di un grande stabile, già sede di un educandato femminile governativo, dove sistemò la maggior parte degli Accattoncelli. A Materdei  impiantò collegi, scuole, laboratori artigiani, botteghe di apprendistato e altre attività produttive. Nel 1873 vide una grande sofferenza negli occhi dei vecchi pescatori, questi sentivano la lontananza del mare. Acquistò, all’asta pubblica, un lazzaretto con annessa chiesetta posta in riva al mare e con una veduta sulla marina di Posillipo. Nel 1882, con l’avvicinarsi del settimo centenario della nascita del Serafico patriarca di Assisi, incaricò Stanislao Lista di commemorare San Francesco con un grande monumento da realizzare nell’Ospizio Marino. L’artista ritrasse San Francesco rinnovatore della società per mezzo del Terz’Ordine Francescano, incarnato nelle figure di Dante, Giotto e Colombo. Il 3 ottobre una grande folla partecipò all’inaugurazione e il discorso ufficiale fu tenuto da un grande amico del padre Ludovico: l’Arcivescovo di Capua il cardinale Alfonso Capecelatro. I pranzi per la povera gente cominciarono il 27 settembre e si conclusero il 29 ottobre, furono nutriti 5.000 poveri, venuti da Napoli e scelti dalle parrocchie e dalle sezioni municipali. 

Un’opera anche nella città eterna: l’Istituto dell’Immacolata

Il 29 novembre 1883 padre Ludovico inaugurò l’istituto dell’Immacolata a Roma.  Fu indotto a creare l’istituto per volere del sommo pontefice Leone XIII. Acquistò il terreno su cui sorse l’edificio grazie all’aiuto del senatore Alessandro Rossi di Schio. 

Un desiderio inatteso: lasciare Roma al Santo Padre

Padre Ludovico ebbe contatti con il re Ferdinando II, di cui era amico, e si adoperò per il rientro in Napoli del cardinale Sisto Riario Sforza, che era stato mandato in esilio da Garibaldi. Cerco di persuadere il re d’Italia Umberto I a lasciare Roma al Papa. In una lettera, del 16 Dicembre 1884, scrisse: “Maestà, un povero figlio di San Francesco supplicava V.a Maestà di mettere in suprema libertà il Papa Leone XIII, onde possa esercitare il sublime suo ministero su tutta la povera umanità, che ha tanto bisogno del Vicario di Cristo in terra. Mostratevi degno erede di tanti uomini santi per nobiltà, e di Gesù Cristo. La sede del Governo Italiano fissatela in Napoli; e lasciate Roma al Papa, e guadatelo con armi italiane”. 

Cultura e musica

Durante la sua vita padre Ludovico fondò cinque periodici: La Carità 1865, L’Orfanello 1873, Cuore di Gesù 1877, Novità Musicali – canti del P. Ludovico da Casoria 1884, l’Indicatore religioso di Napoli 1885. Fondò, poi, una piccola banda musicale con i suoi Accattoncelli e con loro dava concerti pubblici e privati. Fu anche grande amico di Filippo Parisi, giovane compositore, al quale indirizzò nove lettere pubblicate nella “Gazzetta Musicale”, e col quale collaborò per le seguenti composizioni musicali: “Sette Parole dell’Agonia di Gesù Cristo”, “Inno del Natale”, “Inno della Carità”, “Tota Pulchra”, “Ave Maria dell’Addolorata”, “Preghiera a Maria SS. di San Bernardo”, “Stabat Mater” rimasto inedito, e due drammi rimasti incompiuti per la prematura morte del Parisi, quali: “I mori della Palma in Africa” e “Il Figliuol Prodigo”. Collaborò anche con Ferdinando Taglioni, che strumentò i suoi pensieri musicali in occasione del sesto centenario della morte di San Bonaventura.

1885: si avvicina sorella morte

Il 30 marzo del 1885, lunedì santo, padre Ludovico si spegneva nell’ospizio di Posillipo, dopo aver sofferto per nove anni di calcolosi vescicolare. Dell’estremo passo diceva: “La morte per le anime buone è sorella e amica; non spaventa, non atterrisce l’uomo giusto; imperocché la virtù di Gesù Cristo regna e domina: l’uomo cristiano, partecipando di questa divina virtù, domina la morte, e non la teme, anzi ama che venga”. Due anni dopo il suo corpo venne disseppellito e riportato all’Ospizio di Posillipo. L’eroicità delle virtù fu attestata nel 1964 e il 18 aprile 1993, con rito solenne, in piazza San Pietro, San Giovanni Paolo II lo iscrisse nell’albo dei Beati, definendolo “singolare figura di Frate Minore, ardente testimone della carità di Cristo e grande figlio della Chiesa di Napoli”. A seguito della guarigione miracolosa di Ida Iadevola il santo padre Francesco lo ha canonizzato il 23 novembre del 2014. Da quel giorno il corpo di San Ludovico è conservato presso la Basilica di Santa Chiara in Napoli, in attesa di poter tornare all’Ospizio di Posillipo.

La memoria liturgica di San Ludovico da Casoria ricorre nel giorno della morte (30 marzo). La Chiesa di Napoli e le suore Bigie, invece, possono festeggiarlo il 17 giugno, giorno nel quale si ricorda la sua vestizione religiosa. La Congregazione dei “suoi” Frati Bigi, che ottenne piena autonomia nel 1934, fu soppressa nel 1971. Alcune delle opere fondate da San Ludovico sono continuate dalle sue suore Elisabettine Bigie che fioriscono ancora e sono in fase di espansione, con case in Italia, America e India. 

                                                                                               Giovanni Russo

La vita del padre Ludovico da Casoria merita continui approfondimenti, pertanto provvederemo a migliorare ed aggiornare questo articolo con periodicità.

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